sabato 1 novembre 2008

LA PRIMA VOLTA……. IN MARE

Finalmente ho la grande opportunità di cimentarmi in un “Triathlon Sprint”in Mare! La prima Domenica di settembre in una splendida giornata di sole, presso la Beach Village di Riccione si disputava questa affascinante specialità che vedeva percorrere una frazione di nuoto in mare, seguita da una frazione ciclistica ed infine un’ultima frazione podistica. Mi ha seguito in questa avventura, per la prima volta, mia moglie da sempre restia a seguirmi nelle mie varie imprese sportive...specialmente nei vari Triathlon, effettuati fino ad oggi in varie “Piscine Scoperte”. Ma, il fascino di Riccione, da sempre ha un forte richiamo su di lei e questa volta veniva volentieri in quanto affermava soddisfatta e sorridente: “Mentre tu, nuoti, pedali e corri, prendo il sole a riva”. Del resto ero molto contento di potergli dimostrare quanto potevo valere in questa affascinante specialità. Raggiunto il luogo della gara, organizzata dalla Adriatletica di Riccione di primo mattino (ore 8.00), espletavo come consuetudine l’iscrizione e ritiravo il pacco gara. Mettevo in ordine il suo contenuto, consistente nella calotta numerata, il numero da apporsi sulla bicicletta, il pettorale di gara da sistemare sul body, scrivevo il numero di gara con il pennarello nero sul braccio e sulla gamba dx (...questo è già sufficiente a farti sentire un vero Triathleta), quindi collocavo la bicicletta nella zona cambio con il casco appoggiato rovesciato sul manubrio e dentro gli occhiali con le stanghette aperte. Ora ero pronto per affrontare questa prova sulla distanza “Sprint ” che prevedeva una frazione di 750 metri in mare, seguita da una frazione ciclistica di 22 Km. in un percorso collinare ed infine un’ultima frazione di 5 Km. da correre, lungo il tratto pedonale dietro le cabine dello stabilimento balneare, in direzione del Porto di Riccione. Da quando mi sono avvicinato a questa disciplina, il nuoto è la frazione che mi preoccupa sempre di più, in quanto è l’unica delle tre prove dove non si può bleffare, figuriamoci poi in mare…Tra onde e correnti marine. Gli addetti che sorvegliano ed assistono i bagnanti della piscina (dove mi alleno 2 volte la settimana) mi hanno sempre detto che se riesco a nuotare in piscina almeno per 700/800 metri in qualunque stile di continuo, posso tranquillamente nuotare dove voglio (al mare, in un lago, in un fiume, ecc, ecc…) senza problemi. Il fatto è, che ho imparato a nuotare solo a “Dorso e a stile libero! Fatta questa breve premessa, passo brevemente a raccontare come si è svolta questa mia prima esperienza in mare durante la frazione natatoria in questo Triathlon di Riccione. Alle ore 10.30 tutti pronti al “VIA”, in un’unica batteria sul bagnasciuga della spiaggia, circondati da curiosi e bagnanti che hanno potuto seguire tutte le fasi di questa prima frazione, 185 Triathleti pronti a dare il meglio di se stessi. Spettacolare la partenza, dei triathleti con i loro variopinti body, occhialini e le calotte bianche numerate che correvano verso il largo. Prima di entrare in acqua, ho cercato come punto di riferimento la prima “BOA” che dovevo raggiungere e ho corso il più possibile superando le onde che mi schiaffeggiavano il corpo. Ho iniziato a nuotare, quando ero sicuro che vi era una profondità tale da iniziare a mulinare le braccia. Tra spruzzi d’acqua, onde e il riflesso del sole mi sono trovato a nuotare in mezzo ad altri concorrenti e devo dire che mi ha fatto un certo effetto essere in gruppo…è stata un’esperienza emozionante, ho cercato di evitare qualsiasi contatto fisico con gli altri concorrenti. Vi erano, infatti, delle probabilità di prendersi qualche calcio o manata di troppo, in quegli attimi concitati. Sapevo di non essere un forte nuotatore e quindi mi ero posizionato sul lato sinistro, della mia ipotetica linea retta in direzione della prima boa (in quanto respiro dalla parte destra) così avevo modo da avere sempre sott’occhio gli altri concorrenti. Ho trovato non poche difficoltà sia all’andata (per prendere il ritmo delle onde) che al ritorno con il riflusso delle onde che mi spingevano al largo, ma non mi sono mai perso d’animo. Ho trovato il giusto ritmo di braccia e ho continuato così fino al termine, alzavo la testa di tanto in tanto per orientarmi. Sono uscito, dall’acqua dopo circa 18 minuti (e, credetemi mi sono sembrati interminabili) insieme con altri triathleti tra gli applausi ed incitamenti dei bagnanti e di mia moglie che assisteva alla gara! Raggiungevo la zona cambio “Nuoto - Bici” in corrispondenza della mia bici, sulla quale avevo messo un asciugamano che oltre ad essere un ulteriore riferimento per non perdermi nella marea di altre biciclette, mi è servito per asciugare e pulire i piedi prima di calzare le scarpe. La maggior parte degli atleti più esperti hanno le scarpette-bici già fissate ai pedali automatici (questo consente di guadagnare tempo prezioso). Non è mai stato il mio caso, ho sempre preferito infilarmi subito le scarpe podistiche (che poi mi servono per la frazione finale). Infine mi infilavo il casco e gli occhiali. Il cambio “Nuoto-Bici” è normalmente considerato il più difficile e quello che richiede più tempo. Non è raro vedere triathleti uscire dall’acqua barcollando, a volte vittime di una leggera “Ipotermia” (diminuzione della temperatura corporea) o in “Ipotensione”(diminuzione dei valori della pressione arteriosa) che si aggirano attorno alle loro bici, in un equilibrio precario. Nessuna meraviglia, quindi che la zona cambio “Nuoto-Bici”sia uno dei punti di osservazione preferita dagli spettatori. Una volta inforcata la bicicletta, ho cercato di pedalare a più non posso riuscendo in parte a recuperare lo svantaggio accumulato nella prova in mare. Raggiungevo e superavo numerosi ciclisti (ne ho contati sette) durante l’intera frazione ciclistica di 22 chilometri aperta al traffico cittadino che si svolgeva su di un percorso prevalentemente collinare con una breve ma indubbiamente impegnativa salita che ha contribuito a selezionare i numerosi triathleti. Raggiunto di nuovo la zona cambio“Bici-Corsa”; ora dovevo affrontare gli ultimi 5 Km. di corsa è non c’è un’esperienza più traumatica come quella di correre a piedi dopo una prolungata pedalata in bicicletta. Correvo velocemente parallelo alle cabine della spiaggia in mezzo a bagnanti incuriositi che assistevano la gara e grazie alla mia maggior predisposizione alla corsa podistica, raggiungevo e superavo altri triathleti (ne ho contati otto). Raggiunto finalmente il traguardo, concludevo questo mio primo“Triathlon Sprint” effettuato in mare, più che soddisfatto della mia prestazione cronometrica. Al termine della Manifestazione chiamavo mia moglie ad assistere alla premiazione, dove lei con immenso stupore (pure io) sentiva chiamarmi attraverso il microfono, ed invitarmi a salire sul podio quale vincitore della categoria “Veterani” quasi non ci credeva…Tant’era l’illusione che durava poco. Infatti, per un errore di lettura dell’addetto alla premiazione, aveva cominciato a chiamare il “Terzo” classificato invertendo l’ordine d’arrivo. Quindi ero arrivato “Terzo” anziché “Primo” ma, era già un ottimo risultato e comunque, l’importante era ben figurare davanti a quella che mi premeva di più…mia moglie! Dimenticavo di dirvi che comunque mia moglie ha preferito tenere per buona la prima istantanea scattatami da lei stessa, quando ero sul gradino più alto del podio, anche se non è quella buona….Nella convinzione che sia di buon auspicio per una futura carriera di Triathleta!





mercoledì 1 ottobre 2008

SIAMO DONNE….OLTRE LE GAMBE C‘E’ DI PIU’

Il ritornello di una vecchia canzone interpretata da Jo Squillo e da Sabrina Salerno ripeteva più volte…”Siamo donne…oltre le gambe c’è di più!”. Fino a qualche tempo fa, lo sport al femminile era poco considerato, per un vecchio concetto. Oggi e bene ricordare, tutto questo è improponibile perchè, spesso i limiti erano solo di testa, non nelle gambe. In ogni caso le donne, hanno fatto notevoli passi in avanti! Miglioramenti dovuti al fatto che il gentil sesso vuole affermarsi in attività sportive che una volta sembravano destinate esclusivamente ad un pubblico maschile come: il Calcio, il Basket, il Canottaggio, il Trekking, lo Sci da Fondo, il Nuoto, la Scherma, l’Atletica, la Mountain Bike e molti altri sport. Gli studiosi affermano che tra uomini e donne, i punti di partenza sono differenti, infatti, a vent’anni le donne hanno più stabilità emotiva dei loro coetanei, ma dopo i 30 anni, l’evoluzione della personalità tende ad essere simile. In pratica, più aumenta l’età, più uomini e donne sì “Assomigliano”. Il progressivo avvicinarsi è spiegato dal fatto che sempre più donne sportive di tutti i continenti, eseguono sempre più allenamenti specifici uguali a quelli dell’uomo e con maggior determinazione nella ricerca del risultato. Sono alcuni tra i motivi di questo continuo avvicinamento, da parte della donna rispetto a quella maschile. Ormai non fa più notizia che una donna, invece di un uomo, batte un record o segna un nuovo primato. Le differenze tra i tempi tecnici maschili e quelli femminili si vanno assottigliando sempre più. Dal punto di vista fisico-muscolare la donna non dovrebbe poter superare il 90% delle prestazioni maschili legate a forza, resistenza alla velocità e quindi si deduce che le donne, hanno un consumo energetico inferiore all'uomo. In questi ultimi anni per fortuna, non c'è più quella assurda competizione che ha portato a cercare una parità completa dove, probabilmente non ci sarà mai. Oggi la donna se vuole essere sportiva, senza rinunciare alle proprie attività, al lavoro, agli impegni sociali, alla famiglia, deve combattere contro un nuovo nemico: il tempo o meglio la sua mancanza. Praticare un qualsiasi sport, richiede un impegno costante e comporta una sottrazione di tempo alla solita vita quotidiana con i problemi di casa, alle richieste dei figli e del marito. Tutto questo influisce negativamente nel comportamento della donna con lo sport, la sua giornata è già abbastanza piena, se aggiungiamo un carico in più, rappresentato da un’attività sportiva che dia piena soddisfazione, invece di ottenere dei benefici, può trasformarsi in stress. A questo punto occorre capire quali sono gli obiettivi che una donna vuole raggiungere. Calare solo di peso, rassodare la muscolatura, combattere i chili di troppo, o semplicemente mantenersi in forma? Un programma di sport o ginnastica, costa sempre in termini di fatica, quindi è giusto aspettarsi dei benefici, in quello che, deve esser l’unico momento della giornata dedicato a loro stesse. E anche vero però, senza sacrifici i risultati non arrivano, se poi si cercano dei "Primati", nella logica della ricerca dei limiti umani, occorre sapere che un "Record" oggi, per imporsi non basterà domani. Per fortuna le donne ormai hanno imparato a gestire la loro giornata come perfette manager e riescono a dedicare più tempo a se stesse. Tutto questo è un buon motivo per non far mai mancare nuove sfide da vincere, perché così si mantengono giovani e pronte alle competizioni della vita. In conclusione la maggior sfida, in questa società dove le nascite ristagnano e la popolazione invecchia, sarà quella di riuscire ad inventarsi una maturità creativa, per far collimare tutti i propri impegni di donna, di madre, di moglie in un allenamento continuo che è la vita che non si ferma mai, per continuare a coltivare gli interessi, lo sport e la vita di relazione.
Notevole è il contributo, del Team Pasta Granarolo per fare conoscere e divulgare le Multidiscipline sportive tra le donne sia a livello amatoriale che agonistico. Nella istantanea vediamo alcune “Donne” di ieri e oggi…Monika Irene Arcadia (MF40), Mihaela Balasoiu (MF40), Claudia Bergonzoni (MF35), Simona Bianconi (S.4), Clara Borsari (MF50), Monica Borsari (TF23), Maurizia Cesari (MF45), Cinzia Chiari(MF 40), Alessia Cuppini (MF35), Elisa D.Casa (MF35), Cosetta Franciosi (MF35), Sabrina Galletti (MF35), Claudia Bianconi (MF45), Rossella Giovannini (MF45), Raffaella Guastaroba (MF35), Anna Rita Guerre (MF50), Monica Guidetti (MF40), Natasha Linhart (MF50), Rosa Maria Manari (MF50), Alessia Marchesini (1994), Ilaria Masi ( TF23), Donatella Mattarozzi (MF40), Ivana Mauri (MF35), Daniela Mazza (MF50), Roberta Monari (MF35), Gabriella Monti (MF55), Monica Monti (MF45), Anna Nanni (MF60), Paola Paganelli (MF70), Carla Pallotti (MF45), Sandra Pancaldi (MF40), Silvia Parocchi (MF40), Sabina Pausini (TF30), Lidia Piazzi (MF609, Eleonora Rambaldi (MF35), Stefania Sandra (MF40), Ombretta Simoni (MF50), Claudia Vacchi (MF40), Monica Vecchi (MF35), Laura Venturi (MF45), Alessandra Zambonelli (MF50).

lunedì 1 settembre 2008

VOGLIA DI FARE SQUASH


…”Dai, Vieni anche tu! I Club di tutta Italia ti aspettano!” In sintesi questa è l’accattivante pubblicità che invita sportivi e non, ad iscriversi in uno dei tanti Centri Sportivi per cimentarsi in uno sport che ormai tutti conoscono, infatti, non è certo più una novità lo “SQUASH”. Nato all’inizio del XIX secolo in Inghilterra e scoperto relativamente di recente nel nostro paese, trova sempre più consensi ed aumenta il numero dei suoi affezionati praticanti. Del resto con l'arrivo della brutta stagione, con pioggia e neve, costringe numerosi appassionati delle “Multidiscipline” a limitare le proprie “Performance” sportive e quindi a ridurre drasticamente le uscite in bicicletta e le corse podistiche. Comunque resta sempre di moda andare in Palestra, ma se lo “Spinning” è troppo tosto e i “Pesi” con le solite “Macchine” vi hanno stufato, nessun problema: la tendenza del momento, nell’attesa di tempi migliori e della primavera, per chi vuole continuare a svolgere un minimo d’attività fisica e di cercare nuove attitudini sportive, non all’aria aperta deve assolutamente cimentarsi con lo Squash! La mia curiosità e la voglia di scoprire questa nuova specialità mi ha spinto a seguire mio fratello Mauro, nel Palazzetto sportivo del “CLUB 91” di Persiceto per assisterlo durante una partita del Campionato Provinciale. Mauro si cimenta in questa disciplina sportiva da alcuni anni, con buoni risultati e pensare che ha cominciato frequentando i “Corsi di Squash” pomeridiani, poi è diventato un assiduo giocatore e si è preso la sua bella soddisfazione, tanto da essere premiato più di una volta. Per chiunque vuole avvicinarsi a questo sport, provo in sintesi a descrivere come si svolge. Cominciamo dal campo. Le sue misure sono: 9,75 metri di lunghezza, 6,4 metri di larghezza e da 6,4 metri a 3,5 metri d’altezza. Le pareti, realizzate in impasto di cemento, devono essere lisce e di colore bianco, mentre quella posteriore può essere di vetro. Lungo la base della parete frontale è inserita una linea in materiale risuonante: quando la pallina la colpisce si deve sentire chiaramente il suono. I due giocatori si dispongono al fondo del campo e in alternanza, colpiscono la pallina: solo quello al servizio può fare punti, se sbaglia (ad esempio quando la palla tocca, la parete e il pavimento, prima di essere colpita o se colpisce altre parti del campo prima della parete frontale) il “Servizio” passa all’avversario. Ogni partita è disputata al meglio dei tre o cinque giochi: vince il "Match" chi raggiunge prima i nove punti. Infine, un accenno all’attrezzatura. La tenuta è quella consueta del tennis: maglietta e calzoncini; quanto alle scarpe, l’unica avvertenza è di utilizzarne un paio adatto alle superfici “dure”. La racchetta è, ovviamente, specifica per lo Squash. È più lunga di quella da tennis e il piatto ha una forma più tondeggiante. La Pallina, infine, è di gomma o in composto di materiale malleabile, con rivestimento di panno. Mentre assistevo con interesse, alla partita giocata da mio fratello con il suo avversario, tra i loro continui “Sbuffi ”, ho potuto costatare che questo sport richiede molta energia ed un’ottima preparazione atletica, ma è l’attività fisica ideale per chi vuole mantenere in forma il proprio fisico. Se poi si tiene conto dei ritmi di gioco necessari per questo sport (si è sempre in movimento, non c’è pausa), è difficile restare in campo a lungo, ecco spiegato il successo dello “Squash” fra chi non ha molto tempo da dedicare all’attività fisica. Questo non significa che è uno sport facile, ma riuscire ad effettuare un certo numero di scambi consecutivi, tanto per divertirsi e mantenersi in forma, è un obiettivo raggiungibile per tutti. Certo, come tutti gli sport, è necessario, per i primi rudimenti affidasi ad un buon insegnante; in seguito, la pratica e la volontà faranno il resto.
Squash come si impugna

















Mauro premiato












Ho fatto squash!

venerdì 1 agosto 2008

ALLENAMENTI RAVVICINATI DI UN CERTO TIPO

Lo ammetto, sono un appassionato ciclista che non si accontenta di seguire un programma d’allenamento per ottenere un semplice benessere fisico, seguo anche una preparazione mirata per gare ciclistiche competitive. Ho la fortuna di avere come amico ed allenatore un ex ciclista professionista, il quale mi prepara regolarmente tabelle personalizzate per ottenere risultati migliori. I giorni prestabiliti per eseguire suddette prestazioni sportive sono il lunedì, il mercoledì e il venerdì…La domenica è dedicata alla pura gara agonistica. Bologna centro ore 14: 30. Cielo sereno e temperatura mite. E’ mercoledì, uno di quei giorni dedicati al “Fondo Veloce”. Il tempo è poco e decido di iniziare subito il programma previsto nella tabella. Devo compiere delle variazioni di ritmo sui 5 minuti, alternando un’andatura veloce ad un’altra più lenta sempre di 5 minuti, tutto questo per la durata di quarantacinque minuti. Nell’andatura veloce devo mantenere una pedalata capace di portare i miei battiti a 150 il minuto. Il rapporto utilizzato è il 53 X 15 capace di sviluppare circa 7 metri ad ogni pedalata, mentre per i successivi 5 minuti di recupero Utilizzo il 39 X 15, un rapporto più agile che mi consente di scendere a 110 battiti il minuto e quindi di recuperare lo sforzo precedente. Come mia abitudine, prima di iniziare l’allenamento, eseguo alcuni esercizi di Stretching (allungamenti muscolari) e dopo aver eseguito un breve riscaldamento, pedalando in scioltezza per alcuni chilometri, sono nelle condizioni ideali per compiere l’esercizio prestabilito. Vicino a me un tranquillo signore di una certa età, basso e con la classica pancetta, procede in totale scioltezza come se stesse ascoltando musica. Rompo gli indugi e parto con i primi cinque minuti veloci. Buone le sensazioni, le gambe girano bene e il fiato c’è. Finisco il primo tratto veloce e rallento per pedalare in seguito i cinque minuti in scioltezza. Mi giro e il signore è ancora lì, mi è stato di fianco durante questo prima frazione senza che me ne accorgessi. Devo di nuovo ricominciare a pedalare velocemente e non ho tempo di pensarci. Mi metto d’impegno e cerco di tenere sciolte le gambe, mantenendo una certa elasticità muscolare. Via…altri cinque minuti veloci fatti, rallento di nuovo. Prendo la borraccia e bevo un sorso. Con la coda dell’occhio percepisco un movimento vicino a me. E’ ancora il signore che anche stavolta non si è fatto staccare. Il bello è che non da segni di stanchezza. La cosa comincia ad innervosirmi. Così decido che è il momento di fargli vedere che razza di “Competitivo”sono io, mentre lui non è altro che un dilettante allo sbaraglio di mezza età tracagnotto e obeso…Aumento allora i minuti veloci da eseguire anziché cinque, dieci, ma mantengo però lo stesso recupero di cinque minuti. Li faccio in totale concentrazione e cerco di spingere sui pedali con forza per trovare la completa armonia nella pedalata, non mi faccio distrarre dall’obiettivo competitivo né da chi passa davanti a me. Devo solo pedalare a più non posso, cercando di vincere l’attrito dell’aria che mi sembra ferma. Intanto incomincia a far caldo. Comincio a sudare e i battiti ormai non calano più molto nella fase di recupero. Il signore non l’ho superato, o per lo meno non me ne sono accorto. Alla fine del recupero lento però non resisto alla curiosità e mi giro. E’ ancora lì. Non ha una traccia di sudore, solo due ombre sotto le ascelle. E’ rilassato, sorride, anche se ha riposto il suo portatile musicale. E’ vero che il ciclismo mette in risalto le differenze atletiche e che non bisogna mai giudicare una persona dal suo aspetto, ma mi sento un po’ umiliato e questo mi da un'ulteriore carica necessaria per continuare l’allenamento. Ora voglio esagerare…parto per gli ultimi dieci minuti e decido che invece saranno quindici i minuti veloci, e poi vediamo. Stringo i denti, ma è dura, è dura…Il sudore mi acceca ogni tanto e devo socchiudere gli occhi. Il cuore pulsa regolare ma in fretta. L’aria è ferma, immobile, calda e umida. Ora la mia pedalata è più potente e in accelerazione, supero i quaranta chilometri l’ora al termine della frazione veloce. Rallento all’improvviso e mi giro. E’ li. E’ li, vicino a me ed è stato al mio fianco durante questi interminabili chilometri, ma non ha sofferto, per nulla. Io sono completamente intriso di sudore, mentre pedalo in scioltezza gli ultimi cinque minuti di recupero. Lui respira tranquillo nel suo pedalare un po’ traballante. Non c’è l’ho fatta a staccarlo, io che credevo di essere...un forte velocista. Non ho potuto staccare un signore che avrà poco più della mia età più quella di mia figlia e il peso distribuito su due terzi della mia altezza. In questi ultimi minuti di defaticamento lui ha uno sguardo pacifico e rilassato mentre io ho la faccia stravolta, violacea e grondante di sudore. Bevo un sorso dalla borraccia, lo guardo, mi sorride e lui mi fa: “Certo che lei pedala come un professionista, caro giovanotto. Io sono un cicloamatore e vengo qua solo per pedalare tranquillamente”. Non ho ancora il fiato per rispondere e poi non saprei cosa dire. Così annuisco. Rallento. Mi fermo e si ferma anche lui. Scendiamo insieme dalle nostre “Cyclette da Spinning Computerizzate” e ci avviamo verso l’uscita della Palestra. Si volta tranquillo e mi saluta. Vita dura quello del “Competitivo” a tutti i costi.




martedì 1 luglio 2008

DA TAPASCIONE…….A VELOCISTA



La continua riduzione dell’attività lavorativa con sempre più macchine computerizzate che sostituiscono gran parte del lavoro manuale dell’uomo comporta notevoli vantaggi, ma inevitabilmente conduce sempre più ad una vita sedentaria e alla fine può portare un aumento del peso corporeo, con il rischio d’obesità e quindi effetti nocivi per la salute. Sicuramente per questa ragione molte persone, come antidoto alla sedentarietà, decidono di correre anche perché può diventare un momento per combattere lo "Stress" quotidiano. Il giusto approccio per chi intraprende quest’attività sportiva deve essere quello di divertirsi, ma con volontà e razionalità, perché è importante abituare il fisico, a correre senza problemi e senza la preoccupazione di raggiungere subito dei traguardi. La mia storia è un’altra, ho iniziato a correre per la testardaggine di un amico (Fazio Goretti) che per oltre un mese è venuto a prendermi a casa ogni domenica mattina e costringermi (quasi con la forza) a seguirlo con scarpe e tuta da ginnastica. E devo proprio alla sua insistenza, il merito di aver conosciuto quel mondo variegato del popolo della corsa su strada, ricco di personaggi più o meno coloriti. Una volta che il “Virus” della Corsa su Strada mi ha contagiato, ho iniziato a correre nelle innumerevoli camminate della nostra provincia. Successivamente ho deciso di entrare a far parte di una Società (previa visita medica sportiva), precisamente nella Persicetana podistica. Ho incominciato così ad allenarmi più seriamente, man mano con costanza e metodologia mirata seguendo tabelle specifiche ho raggiunto mete inaspettate. Purtroppo nel codice genetico di ogni individuo si annida sempre un po’ di sano “Agonismo”e quindi la sola “Partecipazione” in mezzo a tanti amatori, non può soddisfarti più di tanto e allora si cerca la presenza di un qualche “Amico–Rivale” per dare sfogo a tutte le energie fisiche e nervose. Difficilmente a quel punto il “Tapascione” (così è chiamato un “Principiante”) si accontenta di correre solo per la “Salute” nelle tradizionali Camminate “Non competitive” domenicali. Questa necessità di confrontarsi continuamente con se stesso e con gli altri, porta inevitabilmente alla ricerca di un allenamento più personalizzato (seguendo magari tabelle su riviste specializzate) per migliorare le prestazioni cronometriche. In pratica vuol dire eseguire varie sedute alternate (corsa lenta, medio e ritmo veloce) da svolgere durante la settimana, fino a raggiungere il “Top” della forma per affrontare e migliorare il tuo record personale in una gara (per esempio: una maratona o una maratonina). Da quel lontano 1987, inizio della mia viscerale passione e col passare degli anni, mi sono abituato ad allenarmi tutti i giorni e da “Tapascione”, sono diventato un atleta evoluto e pronto a diventare “Velocista”. A quel punto il passo è stato breve, infatti, come amatore tesserato FIDAL (Federazione Italiana d’Atletica leggera) dell'Emilia Romagna, ho approfittato della possibilità di correre nei diversi Stadi d’Atletica Leggera. Attraverso l'asse BOLOGNA-IMOLA, tra lo Stadio "BAUMANN" e quello di "ROMEO GALLI", sono organizzati dei “MEETING”, quattro mesi d’appuntamenti nel periodo Maggio–Giugno–Luglio–Settembre in notturna. Gare suddivise in batterie e per categorie (Ragazzi, Cadetti, Allievi, Juniores, Seniores, Amatori e Veterani) Maschili e Femminili. Come tanti altri appassionati sono rimasto affascinato dall’atmosfera della “Pista rossa”e per alcuni anni, prima di dedicarmi alle “Multidiscipline” (Duathlon e Triathlon) ho partecipato a diverse Manifestazioni serali e credetemi è un’emozionante esperienza, da tenere col fiato sospeso anche gli spettatori convenuti ad assistere gli atleti nelle varie specialità. Del resto basta guardare le statistiche della scorsa stagione, in sedici riunioni sono scesi in pista ben 3.450 atleti con un tetto massimo di 430 partecipanti per serata, tanto per avere un’idea dell'importanza di tali Manifestazioni. Vivere l'Atletica nei "MEETING FIDALESTATE" vuol dire trovarsi a correre tra atleti Assoluti e tapascioni trasformati in “Velocisti”. Insomma dal primo fuoriclasse, all'ultimo della fila, ma tutti con un'unica passione l’Atletica leggera”, tuttora considerata lo sport più completo e più praticato nel mondo. Inoltre in questi MEETING, significa incontrare nuove o rinsaldare vecchie amicizie, quello che maggiormente cercano gli atleti più d’ogni altra cosa. Manifestazioni di questo genere coinvolgono anche i ragazzi più giovani ed è una realtà e una premessa per avere Società sportive migliori. Con questo racconto invito i ragazzi delle scuole e non, di avvicinarsi a quest’affascinante disciplina, perché in futuro l’Atletica e il Podismo non siano più le Cenerentole dello Sport.
















Meeting Fidalestate Stadio Baumann….In queste manifestazioni significa anche incontrare nuove o risaldare vecchie amicizie nella attesa di effettuare le prove in pista, quello che maggiormente cercano gli atleti più d’ogni altra cosa.





11 Giugno 1992 Stadio Baumann…10.000 metri in 36’44

domenica 1 giugno 2008

OLTRE il MURO…….

Sono passati diversi anni, ma sembra ieri…Sono passati veramente in fretta questi anni e dire che tutto era iniziato un venerdì, per la precisione il 28 settembre del 1990 e la compagnia era di quelle giuste! Entusiasti d’intraprendere un’insolita avventura, ci dirigevamo di prima mattina in auto nella vicina città di Taglio di Po, dove ci aspettava il Camper della sorella del “Gianca” per andare a Berlino. Una decisione presa in comune accordo, prima di metterci in viaggio è stata la ripartizione dei compiti: il “Babbo”era il Cassiere/Economo, il “Goretao” Cuoco/Lavapiatti, il “Gianca” Navigatore/Interprete, “Bonjovi” Autista/Meccanico. L’opportunità d’intraprendere un viaggio che ci avrebbe portato ad attraversare una parte della Europa, era motivato dal fatto che volevamo visitare la città di Berlino, dopo la caduta del muro del 1989 e dare un’occhiata alla nuova realtà tedesca senza più confine tra Ovest e Est. Era la prima volta che intraprendevo un viaggio così lungo e la strada da percorrere era tanta, ma guidare ininterrottamente per diverse ore non mi spaventava. L’itinerario studiato appositamente per arrivare a Berlino alla andata, cartina alla mano era di attraversare Monaco, Francoforte e Lipsia. Il ritorno previsto da Berlino verso casa, era di scendere a Dresda, Praga, Vienna, Graz, Udine per poi raggiungere Modena e finalmente arrivare a casa dopo aver percorso 2.600 chilometri. Ricordo ancora il continuo scorrere davanti ai miei occhi paesaggi e località riflesse attraverso il parabrezza del camper mentre macinavo chilometri e chilometri d’autostrada, era un po’ come essere davanti ad un grande schermo televisivo. Raggiunto il confine Svizzero ci fermiamo alla frontiera per le solite formalità di rito. Alla richiesta dei “Documenti”, ho consegnato la carta d’identità, ma una volta restituitami…mi rendo conto di aver dato non il mio documento, bensì quello di mia moglie preso per errore al posto della mia lasciata a casa! Durante il controllo non se ne erano accorti (strano a dirsi gli elvetici sono così precisi), avevo comunque per ogni evenienza anche il passaporto con me… Almeno quello era il mio! La voglia di raggiungere la nostra meta era tanta che ci fermavamo solo per mangiare e per i numerosi rifornimenti di carburante. Ho guidato per parecchie ore, fermandoci solo per dormire dopo essere entrati in Austria a mezzanotte inoltrata, in un’area di servizio dell’autostrada. Sabato mattina sveglia alle prime luci dell’alba, breve colazione e via di nuovo alla guida del Camper verso Berlino, dove la raggiungiamo soltanto poco prima di mezzogiorno. Fin qui la breve cronaca di quel lungo viaggio…Nei giorni successivi, lasciato il Camper in una zona tranquilla della città nella parte Ovest, con curiosità abbiamo cercato di guardare nel cuore di una metropoli che stava cambiando il suo assetto. Personalmente era l’occasione che cercavo per rendermi conto, anche se in parte, cosa voleva dire vivere separati da un muro in cemento alto quattro metri, che si sviluppava per oltre 107 chilometri lungo la città e che divise dal 12 agosto 1961 al 9 novembre 1989, Berlino Ovest da Berlino Est. Forse e meglio dire che “Voleva” dividere, perché i tentativi d’oltrepassarlo furono tanti, anche se poi pochi con successo.
Lo testimoniano le numerose croci delle tombe dei caduti nei pressi della Porta di Brandeburgo, a ricordo delle vicende di quella, quanto inutile guerra fratricida…Le cronache di allora, i resoconti giornalistici, suscitarono molto scalpore in tutto il mondo, sia durante la sua costruzione, sia nel momento dell’abbattimento. Da allora sono passati molti anni: pochi o tanti che siano. Sono sicuramente un tempo sufficiente a maturare coscienze e a cambiare atteggiamenti e comportamenti.
Possono essere anche un tempo sufficientemente lungo per cancellare quasi totalmente la memoria, anche perché ci sentiamo costantemente sollecitati dal nuovo, orientati verso un futuro che speriamo sempre migliore rispetto al passato.
Se per molti anni i berlinesi hanno colorato il desiderio di riunificare la loro città, ricoprendo le pareti di cemento con graffiti, poesie e slogan provocatori, la storia di allora è diventata cronaca odierna resa ancora viva dai fatti e dalle situazioni avvenute di recente con la costruzione di altri muri!…Anche se nei secoli l’uomo ha sempre cercato di difendersi e proteggersi con solide mura, alla fine il “Pensiero” è sempre più forte della pietra e del muro…Se ora vuoi mandare quel tipo di messaggio, Berlino sicuramente è la città simbolo che ha abbattuto quel muro in nome di quel pensiero di libertà! Ora che il muro è soltanto un ricordo, al visitatore d’oggi, restano poche decine di metri di muro da vedere, ma resta forte il ricordo di quei tempi passati e dell’inutilità di tale opera umana. Mentre mi appresto a concludere questo breve ricordo di quel viaggio inteso come esperienza di vita, ricordo ancora oggi il comportamento dei tre amici, per qualità e doti che prima non conoscevo. Il sapersi sopportare senza sopraffare le diverse personalità. Spirito di adattamento alle più svariate ed improvvise situazioni. La ripartizione dei compiti svolti con autosufficienza e la capacità di assolverli, autocontrollo nell’accettare l’eventuale “Invadenza” o ritmi di vita diversi. L’immedesimarsi nella propria parte con una personalità impressionante (quasi eravamo gelosi del nostro compito). “IL CUOCO”...Ha soddisfatto le esigenze culinarie di tutti, con pranzi semplici, gustosi e a volte sconosciuti al nostro palato. “L’ECONOMO”...Ha amministrato con oculatezza, senza essere tirchio, la cassa comune e da ragioniere incallito ha acquisito dimestichezza con il cambio delle valute. Il “Navigatore/Interprete”, con la cartina alla mano mi ha indicato, senza mai sbagliare strada. Mai in difficoltà nel farsi capire ed interpretare la lingua straniera. Nella veste di “AUTISTA/MECCANICO”…Alla guida di un Camper per la prima volta, ho destreggiato nel traffico con sicurezza e padronanza del mezzo per tutti i 2.600 chilometri...Ora permettetemi uno sfogo mentale, ho voluto scrivere queste brevi considerazioni sugli amici di viaggio non per “PRESUNZIONE”, ma perché sono convinto che quella esperienza rimarrà impressa nella nostra memoria, non solo per aver guardato oltre quel muro, ma soprattutto perché lo spirito di gruppo e la solidarietà esistita fra noi, può essere l’embrione di una possibile gigantesca “PACE” Universale…Basta saper cogliere il valore della personalità altrui per evitare forse tanti conflitti che invadono il nostro pianeta.













giovedì 1 maggio 2008

Un’esperienza………...... indimenticabile


Un appuntamento assolutamente da non perdere era quello con la Maratona di Berlino del 30 settembre 1990 dopo gli ultimi sviluppi politici e la caduta del “Muro”. Era un’occasione unica per guardare la nuova realtà tedesca e correre la maratona che per la prima volta si snodava per tutta la città, senza distinzioni tra Ovest ed Est. Mai avrei immaginato di provare tanta commozione e soddisfazione nel partecipare a questa esperienza internazionale che si annunciava come evento storico con oltre 25.000 partecipanti sotto lo striscione di partenza. Quella avventura era cominciata la mattina di venerdì 28 settembre; consapevole di quella realtà mi misi in viaggio con altri tre compagni della mia stessa società sportiva, in camper da S.G.in Persiceto. La voglia di raggiungere il “Centro Maratona” presso l’Europa-Center, in Berlino Ovest, era tanta che ho guidato per ben 15 ore fermandomi solo per i rifornimenti di benzina, il pranzo, la cena e un meritato riposo, dopo la mezzanotte ed oltrepassata la zona di confine dall’Austria alla Germana dell’Est. Al mattino presto si riprendeva il viaggio verso la “Fukturm” la Torre Radiotelevisiva (di 125 metri d’altezza) che dominava i padiglioni del “Centro-Marathon” di Berlino Ovest. Raggiunta la meta (10.30 circa) e sistemato il camper nell’adiacente parcheggio. Al successivo ritiro dei pettorali di gara, con i miei compagni di viaggio, la giornata trascorreva allegramente e si concludeva in camper con la classica cena a base di spaghetti. Si andava a dormire presto, stanchi del viaggio ma forti nello spirito, e poter dire l’indomani: “Ich bin anch in Berliner"...Anch’io sono a Berlino. 29 settembre 1990 mi son svegliato e…ho in mente te. Iniziava così una famosa canzone scritta da Mogol–Battisti e cantata dal complesso degli “Équipe 84”; ma nella mia mente c’era solo la maratona e quindi per me cominciava la festa. La mattina purtroppo non è favorevole, cielo coperto e una pioggerellina persistente scende dal cielo. Lasciato il camper e preso, la metropolitana, con altri maratoneti che affollavano a quella ora abbastanza inconsueta le vie della città, si arrivava nel piazzale antistante la partenza “Ernst-Reuter-platz”. Il luogo era completamente popolato da una massa vociante di podisti, provenienti da tutto il mondo...uomini e donne d’ogni razza e religione senza distinzione fra gruppi etnici e ideologie politiche accomunati solo da una passione quella dei 42,195 chilometri. L’imponente organizzazione tedesca, intorno ad un evento così importante che coinvolgeva un consistente numero di partecipanti, aveva previsto tutto o quasi anche nei minimi dettagli…interminabili cabine – toilette a perdita d’occhio, una fila interminabile di T.I.R. trasformati in guardaroba, transenne ed addetti ovunque che indirizzavano gli atleti alle proprie griglie di partenza. Intanto l’ambiente che mi circondava diventava sempre più elettrizzante e nell’aria si cominciava a sentire l’acre odore delle creme e dell’olio canforato che meticolosamente gli atleti si spargevano sui muscoli. C’era da rimanere incantati nel vedere tanto folclore in mezzo ad una continua babele di lingue di maratoneti multicolori che effettuavano stretching ed allunghi, chi consegnava le borse, insomma la frenesia della gara era quasi palpabile. Entrato nella zona stabilita dall'organizzazione ed effettuata la punzonatura, il sottoscritto era pronto…per la partenza! L’emozione e la tensione mi danno un’ulteriore carica d’adrenalina a tal punto che fatico a tenere a freno le gambe, mentre migliaia di palloncini salgono al cielo, lo “Sparo” dal via a questa avventura. Ci avviamo verso il lungo e largo viale Striasse des 17 Juni, e non mi sembra ancora vero di correre in questa così maestosa festa dello sport in onore della riunificazione. In qualche modo nella veste di semplice podista entro a far parte della storia…perché per la prima volta si corre, da Ovest verso Est con una maratona. Berlino è sommersa da un’incredibile massa colorata di podisti venuti a testimoniare quel momento particolare non solo per il popolo tedesco, ma per tutta l’Europa, un evento che segna, alla distanza di 45 anni, la fine reale della seconda guerra mondiale. Attraversato di corsa la famosa Porta di Brandeburgo, si passava nei presidi un’ex postazione di controllo al ”Muro” dalla quale le guardie sparavano ai fuggiaschi della Berlino Est a sua volta trasformata in un monumento alle vittime del fascismo dove accanto al Rechstang c'erano ancora le croci in memoria degli uccisi. Non mi vergogno ad affermare che a tale visione rimasi fortemente commosso. Si correva prevalentemente in un percorso transennato tra una folla festante, assordante, calorosa in un continuo cambiamento coreografico ogni qual volta si transitava fra i tanti quartieri tappezzati da striscioni e palloncini colorati, incontravi anche orchestrine inneggianti musica pop o classica. L’evento sportivo passava in secondo piano i protagonisti erano i berlinesi che esternavano la loro gioia per la riunificazione. Continuando la mia corsa in Berlino Est non si notava alcun negozio traboccante di ricchezza, o vetrine colorate ed illuminate a festa, per le strade poche macchine e tutte uguali (la famosa Trabbat). Inoltre la cosa che mi affascinava di più era che ad “Est”, sembrava di essere in un altro mondo…un mondo in bianco e nero dove tutto era fermo agli anni quaranta, prima della guerra, tra monumenti storici, immensi palazzi ricostruiti nello stesso stile e con ancora innumerevoli cantieri aperti. Del resto bisogna ricordare che prima della caduta del muro, Berlino Ovest ha rappresentato quel che era a lungo proibito di là dal muro. Quante persone lungo il tragitto con improvvisati oggetti (fischietti, tegami, barattoli, campanacci, ecc. ) richiamavano l’attenzione rumoreggiando e incitando i maratoneti a tal punto che alimentato da tale atmosfera raggiunsi il traguardo quasi senza essermene reso conto e con un discreto risultato cronometrico. Avuta la meritata medaglia, mentre mi appresto ad effettuare una doccia calda in una delle innumerevoli tende allestite in pieno centro della Berlino Ovest, ho avuto il dubbio che i padroni di casa fossero un po’ imbarazzati da quel abbraccio di libertà improvvisa ed inaspettata. Da lì a pochi giorni precisamente il 3 ottobre 1990 ufficialmente avrebbero proclamato la riunificazione della Germania un altro passo decisivo verso il loro futuro. A distanza di 10 anni, mentre mi appresto a concludere questo mio scritto penso come allora che prima, di assistere ad una vera riunificazione del Germania, le due realtà geografiche dovranno superare lo shock culturale che non hanno ancora assorbito.